Alla prima user conference nel nostro paese il CEO Rajesh Ganesan non esclude l’apertura di una filiale in Italia, “ma solo di supporto al distributore, senza vendita diretta”
Autore: Daniele Lazzafrin
Nel vasto e affollato mercato delle soluzioni per l’IT Management, ManageEngine, multinazionale indiana del gruppo Zoho Corporation, propone un’ampia piattaforma integrata – dal service management all’observability alla sicurezza, fino allo sviluppo low-code – mirata soprattutto ai reparti IT delle piccole e medie imprese, e distribuita in Italia da Bludis (Gruppo Esprinet).
Poche settimane fa ManageEngine ha incontrato i clienti italiani in occasione della sua prima user conference italiana, che si è tenuta a Milano e ha registrato oltre 200 partecipanti. “Di solito facciamo eventi dedicati al canale, oggi invece tutti i contenuti sono rivolti agli utenti finali”, ha spiegato Maurizio Erbani, general manager di Bludis. “Lavoriamo con loro da 18 anni, sono un’azienda molto tecnologica, che oggi ha una gamma molto ampia e una presenza consolidata in diversi segmenti”.
L’evento italiano di ManageEngine ha previsto sessioni sulla roadmap di prodotto, workshop tecnici con possibilità di ottenere certificazioni, e una tavola rotonda con alcuni clienti italiani - tra cui Tecne (Autostrade per l’Italia), Cavagna Group, Azienda Ulss 6 Euganea, e Lottomatica -, ed è stato aperto dal CEO Rajesh Ganesan (nella foto).
“Fin dalla fondazione nel 2002, l’idea era di essere un’azienda globale, e abbiamo costruito con pazienza il nostro portafoglio: oggi abbiamo un’intera piattaforma di digital enterprise management, con più di 65 prodotti”, ha detto Ganesan.
Secondo Ganesan ci sono 4 fasi di evoluzione nella digital transformation delle imprese: dall’azienda come system of insights, basato sull’analisi dei dati, si passa al system of workflows, basato sulla process automation, e quindi al system of experiences. La quarta fase è l’azienda come system of intelligence, basato sull’AI che rende efficienti tutti i processi quotidiani.
“È questa la fase “AI-ready”, a cui però”, sottolinea il CEO di ManageEngine, “pochissime aziende sono già arrivate. Per farlo bisogna prima completare le prime tre fasi, costruendo le fondamenta per la quarta con attenzione e senza fretta, e l’obiettivo della nostra piattaforma è proprio di proporre le componenti per farlo”.
“L’AI non è magia”, ci ha poi spiegato Ganesan in un’intervista a margine dell’evento: “Nell’uso personale i modelli funzionano bene, ma nel contesto aziendale c’è un grande problema di pulizia e omogeneità dei dati: la situazione tipica delle aziende vede dati sparsi ovunque, in gran parte non strutturati, con permessi d’uso inesistenti o estremamente eterogenei”.
Non è una sorpresa, continua il CEO, che una recente ricerca del MIT abbia riscontrato un tasso di fallimento del 95% dei progetti GenAI, anche nelle grandi imprese, spesso proprio per mancanza di dati AI-ready. “Per questo riteniamo che l’AI non avrà enormi tassi di adozione da subito: serve tempo per costruire l’infrastruttura di supporto, ma soprattutto una cultura di corretta gestione dei dati”.
Altro problema dell’AI, ha detto Ganesian, è la sostenibilità del modello. “Noi abbiamo iniziato a lavorare su modelli di machine learning nel 2012. Il salto evolutivo della GenAI però ha sorpreso anche noi per la sua accuratezza. Ma sono sempre più evidenti i suoi enormi consumi computazionali. Noi per rispondere al problema stiamo lavorando su modelli a basso consumo, che chiamiamo small o narrow language models. Ma a livello globale non è ancora possibile capire se l’AI sarà un modello sostenibile di risoluzione di problemi di business”.
Tornando invece al modello di go-to-market in Italia, “siamo un’azienda globale, e abbiamo modelli diversi per ogni paese. In Italia lavoriamo da molti anni con Bludis come distributore esclusivo e continueremo così: al momento non pensiamo ad altri distributori”, ci ha spiegato Ganesian.
“Abbiamo un quartier generale europeo ad Amsterdam, uffici nel Regno Unito e stiamo pianificando nuove aperture. L’Italia potrebbe essere tra queste, ma senza vendita diretta: il business continuerà a passare interamente tramite Bludis e la sua rete di rivenditori. Avere una sede servirà più che altro per supportare Bludis e il marketing in Italia, attraverso personale locale, con uno o due colleghi dall’India per coordinare. Per i clienti italiani, la percezione deve essere quella di lavorare con un’organizzazione italiana”.