La giusta ostinazione di Microsoft nel proteggere la privacy degli utenti in Internet Explorer 10 fa infuriare le agenzie pubblicitarie.
Si chiama "
do not track" (letteralmente: "non seguire"), ed è un'impostazione con cui un
browser chiede ai siti visitati di non prendere nota delle attività svolte.
Molti siti Web, infatti, mantengono memoria di tutto ciò su cui l'utente ha cliccato, e spesso passano l'informazione
ad altri siti (usando i cosiddetti
cookie, brevi file di dati salvati sul vostro stesso computer).
In questo modo, quando visitate un sito questo può avere conoscenza di ciò di cui vi siete interessati di recente, e proporvi
annunci pubblicitari mirati sui vostri specifici gusti.
Le nuove specifiche
HTTP prevedono che l'utente del browser possa usare la funzione do not track per chiedere di non essere "spiato" in questo modo (non esiste la certezza che la richiesta venga eseguita, ma si suppone che i siti legittimi si sentano tenuti a onorare la richiesta di
privacy dei visitatori).
Tutti i browser si preparavano ad adottare la funzione do not track.
Microsoft, tuttavia, ha messo tutti in subbuglio annunciando che, nel suo futuro browser
Internet Explorer 10 (che verrà lanciato insieme a
Windows 8), la funzione do not track sarà
attiva di default. Sarà, cioè, sempre in funzione, a meno che un utente non decida
esplicitamente di disattivarla.
Questa decisione ha provocato un fuoco di fila di
critiche, poiché in questo modo l'opzione do not track si trasforma, da possibilità per i bene informati di proteggere la propria privacy, a situazione
generalizzata.
Oggi l'industria della
pubblicità online si basa infatti in modo massiccio sull'invio di pubblicità mirate in base alla
cronologia di navigazione dell'utente.
Se non fosse più possibile seguire la cronologia della maggioranza degli utenti, si tornerebbe agli albori della pubblicità su Internet, quando si utilizzavano
banner pubblicitari senza poter sapere chi li cliccava (e che perciò avevano
prezzi molto bassi).
La polemica si è spinta al punto che lo stesso
autore della specifica Do Not Track,
Roy Fielding, ha dichiarato che in questo modo Microsoft
viola deliberatamente lo spirito della funzione, e ha prodotto una patch che i server possono usare per
ignorare il do not track quando proviene da Internet Explorer, dato che in tal caso non è dovuto a un'
esplicita volontà dell'utente di non essere seguito.
Microsoft però
tiene duro sulla propria decisione, tanto che ieri l'
ANA, associazione dei
pubblicitari statunitensi, ha pubblicato una
lettera aperta a Steve Ballmer, amministratore delegato di Microsoft, chiedendogli di
desistere.
Microsoft sostiene che le sue azioni sono unicamente nell'interesse della
privacy dei propri utenti. C'è però chi l'accusa di voler colpire soprattutto
Google, che nella raccolta di questo tipo di dati sul proprio
motore di ricerca ha uno dei suoi business più lucrosi.
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