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Red Hat spinge l’acceleratore sui global system integrator

Il vendor open source punta a un maggior coinvolgimento dei system integrator sia globali che locali, con i quali costruire asset in ambito open source. Sviluppati per loro due nuovi programmi: Puma Project e M+. Ne parla Antonio Leo, Senior Channel Manager di Red Hat in Italia.

Tecnologie & Trend
E’ un canale in evoluzione quello di Red Hat, che negli anni ha fatto passi importanti – pesa sul fatturato per circa il 75% - si allinea all’ampliamento dell’offerta societaria e vuole abbracciare sempre più la filosofia open source sposata dal vendor dalle sue origini.
In particolare, l’attenzione di Red Hat è oggi puntata sui global system integrator e sui system integrator locali con i quali è possibile creare asset interessanti da trasferire al mercato.
“Red Hat ha già in essere alcune partnership in questo campo, però vuole intensificarle. E’ un’area di maggiore focalizzazione in quanto abbiamo capito che insieme riusciamo a costruire progetti e soluzioni interessanti, grazie anche alla volontà di questi operatori di creare al proprio interno una strategia open source”, spiega Antonio Leo, Senior Channel Manager di Red Hat Italia.
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Red Hat si pone al loro fianco nel guidarli in questo percorso, dando loro linee guida in ambito open source per essere vincenti sul mercato. “La leva principale non vuole essere solo quella degli ‘economics’, del risparmio di costi. Red Hat in questi anni ha lavorato molto per portare il valore dell’open source a livello enterprise, facendo leva sulla qualità del software, sui servizi di orchestrazione, sulla virtualizzazione...”. 
L’evoluzione del portafoglio del vendor ne è una chiara testimonianza. Red Hat non è più solo sinonimo di Linux, ma va oltre... “Oltre all’ambito infrastrutturale che gravita intorno al mondo Linux, al system management, al cloud con CloudForms e allo storage – dove si colloca, per esempio, la recente acquisizione di Gluster – Red Hat ha anche un’anima middleware che ruota intorno al prodotto JBoss”.
E’ proprio su  questo stack più alto di applicazioni e orchestrazione
dove, secondo Leo, si possono sviluppare asset di valore da proporre al mercato grazie alle conoscenze portate in dote dai system integrator.
“E’ l’unico modo per scalare veramente”, dice Leo: “Vogliamo allineare le rispettive strategie open source puntando su temi innovativi quali la qualità del software, le prestazioni e la virtualizzazione. C’è tutto un mercato da cogliere per creare asset, per esempio, di order provisionig per le telco, ma anche per l’ambito finanziario di integrazione di servizi e per sviluppare un’offerta specifica per i mercati verticali”.
L’attenzione
non scema, ma,anzi, rimane alta anche sui partner storici molto tecnologici di piccole e medie dimensioni molto attivi, che sono cresciuti insieme a Red Hat. Dice Leo: “Sono ‘code committer’: come una community contribuiscono a sviluppare i progetti open source che poi diventano soluzioni enterprise. Ad oggi in totale sono circa 150 se si contano anche i partner Ready, di cui circa 30 nella fascia alta".
[tit:Trasferire le competenze]
Il focus sui global system integrator e i local che si relazionano con grandi clienti è però il presente e il futuro della strategia di canale societaria, che ha messo a punto un programma mondiale, declinato con molta enfasi in Emea. Con loro la società sta facendo progetti consistenti in ambito open source in un percorso di innovazione e per loro ha studiato iniziative specifiche.
I Global System Integrator con cui Red Hat ha in essere una partnership a livello mondiale ad oggi sono: Accenture, HP Enterprise Services (la parte Eds di HP), Fujitsu TS. Ibm è un partner Oem per lo sviluppo congiunto soprattutto nella parte di virtualizzazione.
Quelli più locali sono, per esempio: Altran, Engineering (è un Abi – Advanced Business Partner sia sulla parte infrastrutturale che sul middleware), OpenReply, Gruppo Babel... con l’obiettivo di arrivare a circa una decina.
Alcuni sono già nostri partner, altri si stanno avvicinando a noi con interesse; a loro diamo spunti di riflessione proprio perché il nostro portafoglio di soluzioni è oggi molto ampio. Basti pensare, per esempio, all’introduzione dello storage Nas dell’acquisita Gluster; è un ambito che può attirare i system integrator locali, abbiamo scoperto che era già utilizzato da alcuni system integrator nella sua versione open source prima ancora di diventare Red Hat Storage Server”.
La linea di confine tra parner global e local non è poi così netta. Un esempio su tutti: Accenture nel ruolo di global system integrator mondiale è molto capace di creare asset locali, per esempio in Italia, che si trasformano in soluzioni globali.
Per queste due tipologie di partner la società ha messo a punto due programmi molto simili: Puma Project e M+ (Middlware +).
Il primo è studiato su misura per i Global System Integrator:
“E’ un’iniziativa, principalmente Emea, per fare un ‘boost’ del business JBoss i con i global system integrator, offrendo loro tutta una serie di vantaggi, tra cui tool, trasferimento di know-how, workshop, attività di training, precentuali di sconto, rebate...”, enfatizza Leo.
M+ è la declinazione locale del programma Puma rivolto ai system integrator locali. “E’ la stessa iniziativa che si prefigge di accelerare e incrementare il business sul lato middleware per i partner che vedono in JBoss una freccia al loro arco per la parte Java”. 

[tit:La forza dell’open source, la distribuzione e la vendita diretta]
Oggi Linux  è il nuovo Unix; sta via via occupando quello che era il posto di Unix in termini di numeri”, dice Antonio Leo. Fonti Gartner dicono che lato server ad oggi Linux pesa per un 10,7% di cui il 61,3%  è ad appannaggio di Red Hat Linux. E nel 2017 il 65% delle applicazioni proprietarie Unix saranno x86 e Linux.
E’ un momento molto favorevole per l’open source e per chi, come Red Hat, ha deciso di cavalcare quest’onda da molto tempo. Se nel passato era visto come un freno, oggi è leva su cui poggiare per guardare al futuro in modo innovativo, soprattutto nella Pubblica Amministrazione, mercato verticale di elezione per Red Hat, con un’incidenza del 35-40%, prima di finance e telco. E un forte contributo a tutto ciò arriva dal fronte legislativo: “Il commissario europeo Neeil Kroes è sponsor autorevole dell’open source; proprio la Legge del 7 agosto 2012 n.130 spinge le amministrazioni pubbliche a prendere in considerazione l’open source prima di optare per una scelta commerciale o proprietaria. La stessa Agenda Digitale ha fatto molti passi avanti in direzione open source”.
Tutto ciò non può che favorire il cammino di Red Hat; un cammino che la vede andare sul mercato attraverso il canale e anche attraverso una una forza diretta. In ambito canale anche la figura del distributore sta evolvendo– nel caso di Red Hat i distributori sono tre:  IT Way, Magirus e Systematika, ndr. Quanto più il distributore riesce a essere a valore, meglio è. Non può fungere solo da banca, deve portare valore al rivenditore: supporto, certificazioni, ...e molto altro”.
I clienti globali sono seguiti direttamente da Red Hat in sinergia coi partner globali. Abbiamo figure di vendita dirette sia su Milano che Roma (key account manager) che con i partner mettono in atto azioni di account mapping congiunto... è una struttura che a livello mondiale conta 4.500 persone. Sarebbe presuntuoso pensare che a livello locale si possano raggiungere tutte le realtà. A maggior ragione il lavoro dei partner diventa sempre più strategico”, conclude il Senior Channel Manager di Red Hat in Italia.
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