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Huffington Post, prigioniero in catene dorate

Dopo la recente cessione dell'Huffington Post ad AOL per 315 milioni di dollari è partita una Class Action dei blogger che hanno postato il giornale a quel valore e vogliono veder riconosciuto il proprio lavoro.

Tecnologie & Trend
E' ora partita ufficialmente l'azione di forza contro la testata on line Huffington Post di Arianna Huffington e recentemente acquisita da America On Line (AOL) per la bellezza di 315 milioni di dollari.
Al centro del ricorso depositato in questi giorni in tribunale ci sarebbe il mancato pagamento di blogger e giornalisti che hanno contribuito con centinaia di post alla diffusione e al successo della testata.
La richiesta di risarcimento ammonta a 105 milioni di euro, ossia un terzo della cifra a cui la testata è stata venduta dalla Huffington.
Dal 2005, anno in cui la testata è stata fondata a seguito di un investimento pari a 1 milione di dollari, a oggi la testata è cresciuta sempre di più anche grazie alla sua vicinanza ai democratici  e all'ascesa alla Casa Bianca di Barack Obama.
I blogger, che inizialmente avevano accettato di collaborare gratis al progetto, votato alla libera informazione, anche su temi di norma trascurati dai media tradizionali, però si sono fortemente risentiti quando Arianna Huffington si è intascata la somma derivante dalla vendita della testata ad AOL senza riconoscere nulla ai suoi collaboratori, i quali consideravano il sito un prodotto collettivo. Anche a fronte del più volte espresso desiderio della proprietaria di appianare le differenze sociali.
Dal canto suo la Huffington si difende dicendo che il ricorso intentato da Jonathan Tasini, blogger, sindacalista e portavoce dei colleghi sfruttati, è privo di alcun fondamento, e che i blogger la loro ricompensa l'hanno avuta nella visibilità mediatica, in modo simile a ciò che avviene con gli ospiti del Talk Show.
Al momento l'unica cosa che si sa per certo è il fatto che la testa acquisita non potrà più essere così libera, resta da vedere se Tasini riuscirà a vincere questa nuova sfida, come già fece dieci anni fa col New Your Times, di certo ha puntato i riflettori sulla scomoda questione del come devono essere trattati i lavoratori della rete.
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