Torna alla HomePage

Red Hat, un’AI open per la trasformazione digitale

Al motto ‘Any model, any accelerator, any cloud’ il vendor ritiene che il futuro dell’AI debba essere libero da vincoli infrastrutturali, permettendo alle organizzazioni di distribuire qualsiasi modello su qualsiasi acceleratore e cloud, garantendo performance elevate e costi contenuti, diventando una leva concreta di trasformazione digitale

Autore: Redazione ChannelCity

L’Intelligenza Artificiale si trova oggi in una fase di transizione cruciale: il mercato globale sta attraversando quella che gli analisti definiscono la “Trough of Disillusionment”, “Fossa della Disillusione”, ovvero un momento in cui le aspettative iniziali si scontrano con le difficoltà reali di implementazione. A intervenire sul tema al centro dello speciale di questo mese di ChannelCity è Eleonora Peruch, Associate Account Solution Architect – Commercial di Red Hat Italia: “Siamo quindi tra la corsa all’innovazione e la concreta generazione di valore di business. In questo contesto, la Generative AI si conferma come una tecnologia general- purpose, ma che necessita di un chiaro contesto applicativo e di business per giustificare investimenti significativi. Senza un contesto definito, l’uso di GenAI rimane prevalentemente sperimentale, con scarsa propensione a implementazioni su larga scala. La domanda di GenAI è infatti trainata soprattutto dal top management che spinge per soluzioni capaci di generare risultati concreti”. In Italia, la situazione riflette queste dinamiche globali ma con alcune peculiarità: “Le aziende italiane stanno maturando una visione più pragmatica e concreta dell’AI generativa: non si cerca più una “soluzione universale”, ma strumenti mirati e “domainspecific”, cioè modelli di AI specializzati per rispondere a problemi specifici del proprio settore. Tuttavia, un ostacolo significativo è rappresentato dal gap di competenze: mancano data scientist esperti in modelli di GenAI e capaci di addestrare e ottimizzare modelli di dominio, e cloud architect con competenze in sicurezza e scalabilità su cloud ibrido. Questo divario rallenta l’adozione e limita il potenziale innovativo delle imprese italiane”, prosegue. “Dal nostro osservatorio, un numero crescente di clienti sta passando da progetti pilota a implementazioni in produzione, affrontando la sfida di rendere l’AI non solo innovativa, ma anche efficiente e sostenibile in termini di costi, con un focus crescente sui risultati di business”, sottolinea.

Approfondisci la notizia sulla rivista

L’Intelligenza Artificiale si trova oggi in una fase di transizione cruciale: il mercato globale sta attraversando quella che gli analisti definiscono la “Trough of Disillusionment”, “Fossa della Disillusione”, ovvero un momento in cui le aspettative iniziali si scontrano con le difficoltà reali di implementazione. A intervenire sul tema al centro dello speciale di questo mese di ChannelCity è Eleonora Peruch, Associate Account Solution Architect – Commercial di Red Hat Italia: “Siamo quindi tra la corsa all’innovazione e la concreta generazione di valore di business. In questo contesto, la Generative AI si conferma come una tecnologia general- purpose, ma che necessita di un chiaro contesto applicativo e di business per giustificare investimenti significativi. Senza un contesto definito, l’uso di GenAI rimane prevalentemente sperimentale, con scarsa propensione a implementazioni su larga scala. La domanda di GenAI è infatti trainata soprattutto dal top management che spinge per soluzioni capaci di generare risultati concreti”. In Italia, la situazione riflette queste dinamiche globali ma con alcune peculiarità: “Le aziende italiane stanno maturando una visione più pragmatica e concreta dell’AI generativa: non si cerca più una “soluzione universale”, ma strumenti mirati e “domainspecific”, cioè modelli di AI specializzati per rispondere a problemi specifici del proprio settore. Tuttavia, un ostacolo significativo è rappresentato dal gap di competenze: mancano data scientist esperti in modelli di GenAI e capaci di addestrare e ottimizzare modelli di dominio, e cloud architect con competenze in sicurezza e scalabilità su cloud ibrido. Questo divario rallenta l’adozione e limita il potenziale innovativo delle imprese italiane”, prosegue. “Dal nostro osservatorio, un numero crescente di clienti sta passando da progetti pilota a implementazioni in produzione, affrontando la sfida di rendere l’AI non solo innovativa, ma anche efficiente e sostenibile in termini di costi, con un focus crescente sui risultati di business”, sottolinea.
L’Intelligenza Artificiale si trova oggi in una fase di transizione cruciale: il mercato globale sta attraversando quella che gli analisti definiscono la “Trough of Disillusionment”, “Fossa della Disillusione”, ovvero un momento in cui le aspettative iniziali si scontrano con le difficoltà reali di implementazione. A intervenire sul tema al centro dello speciale di questo mese di ChannelCity è Eleonora Peruch, Associate Account Solution Architect – Commercial di Red Hat Italia: “Siamo quindi tra la corsa all’innovazione e la concreta generazione di valore di business. In questo contesto, la Generative AI si conferma come una tecnologia general- purpose, ma che necessita di un chiaro contesto applicativo e di business per giustificare investimenti significativi. Senza un contesto definito, l’uso di GenAI rimane prevalentemente sperimentale, con scarsa propensione a implementazioni su larga scala. La domanda di GenAI è infatti trainata soprattutto dal top management che spinge per soluzioni capaci di generare risultati concreti”. In Italia, la situazione riflette queste dinamiche globali ma con alcune peculiarità: “Le aziende italiane stanno maturando una visione più pragmatica e concreta dell’AI generativa: non si cerca più una “soluzione universale”, ma strumenti mirati e “domainspecific”, cioè modelli di AI specializzati per rispondere a problemi specifici del proprio settore. Tuttavia, un ostacolo significativo è rappresentato dal gap di competenze: mancano data scientist esperti in modelli di GenAI e capaci di addestrare e ottimizzare modelli di dominio, e cloud architect con competenze in sicurezza e scalabilità su cloud ibrido. Questo divario rallenta l’adozione e limita il potenziale innovativo delle imprese italiane”, prosegue. “Dal nostro osservatorio, un numero crescente di clienti sta passando da progetti pilota a implementazioni in produzione, affrontando la sfida di rendere l’AI non solo innovativa, ma anche efficiente e sostenibile in termini di costi, con un focus crescente sui risultati di business”, sottolinea.

Torna alla HomePage

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato
Iscriviti alla nostra Newsletter Gratuita. Iscriviti

Puoi trovare la versione completa dello speciale sulla rivista "ChannelCity Magazine".

Leggi sullo sfogliabile...