Realizzare il digital workspace


Lo stato dell’arte del lavoro digitale in un incontro organizzato nel quadro di #DistrICT in collaborazione con VMware e Computer Gross alla presenza di 15 system integrator

Autore: Edoardo Bellocchi

La rivoluzione del digital workspace è ormai realtà. E conquista sempre nuovi consensi. Perché abbattere i confini del posto di lavoro tradizionale e il perimetro obbligato degli uffici, rendendo tutti sempre più connessi, è senz’altro molto vantaggioso. E le aziende stanno cavalcando con entusiasmo questa nuova modalità di concepire il lavoro. Forse non sempre con la dovuta consapevolezza che le nuove frontiere del digital workspace richiedono anche di prestare attenzione agli aspetti connessi alla sicurezza. Se, per fare un solo esempio, il 2018 è stato indicato dai dati Clusit come l’anno peggiore di sempre per la security aziendale e per i danni procurati dal malware, buona parte del “merito” va attribuito a una non adeguata gestione dei device mobili, che sono uno dei componenti chiave del digital workspace.

Tema di attualità

Tema sicuramente di attualità, quindi, che merita più di un approfondimento. Come quello svoltosi all’inizio di giugno a Milano, organizzato nel quadro di #DistrICT, il club del valore e del business, in collaborazione con VMware e Computer Gross, per discutere di temi all’ordine del giorno quali le modalità per realizzare un digital workspace sicuro e affidabile, oppure di quali possono essere oggi i servizi più richiesti, nonché i programmi, gli strumenti e le piattaforme migliori per proporre sul mercato questo nuovo modello di spazio digitale di lavoro.

Il quadro normativo

Grande risalto è stato dato anche al quadro normativo, che è stato affrontato dagli avvocati Elisabetta Cassaneti e Chiara Magalini dello Studio Associato New Labour di Milano (www.newlabour.eu), esaminando in dettaglio le prescrizioni di cui alla Legge 81 del 2017, che ha introdotto nel nostro ordinamento lo smart working, denominato “lavoro agile”, e le implicazioni riguardanti il trattamento dei dati, analizzate in particolare dall’avvocato Chiara Magalini per quanto riguarda le prescrizioni del GDPR anche in rapporto alla disciplina normativa del cloud, che è un altro degli elementi tecnologici su cui si basa il digital workplace.

La disciplina legale

Più in dettaglio, è stato evidenziato dall’avvocato Elisabetta Cassaneti, l’introduzione dello smart working è stata resa certamente possibile anche dalla riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, sulla disciplina del controllo dello svolgimento della prestazione del lavoratore, che in modalità smart working può avvenire attraverso gli strumenti tecnologici utilizzati per svolgere l’attività lavorativa. Tra i punti significativi della Legge 81 del 2017, è stata evidenziata la scelta del legislatore di rimettere alle parti la definizione delle modalità di esercizio del “lavoro agile”: un aspetto che mette al centro dell’accordo l’elemento della fiducia tra le parti.

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Quindi, nella contrattazione dell’accordo di smart working, che è possibile anche tramite accordi collettivi, gli elementi da tener presente saranno principalmente: la modalità di esecuzione della prestazione anche con riferimento al potere direttivo e agli strumenti; le fasce orarie di rispetto dei tempi di riposo, con le misure tecniche per assicurare la disconnessione; le modalità di esercizio del potere di controllo; e infine le condotte che possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.

I confini del digital workspace

L’attenzione si è anche concentrata sulla definizione dei confini del digital workspace. Come sempre, non è facile definire univocamente cosa sia in concreto l’ambiente di lavoro digitale, ma si può ricavare proprio partendo dagli elementi che lo rendono possibile, ovvero l’unione delle tecnologie di connettività, di comunicazione e di collaborazione di nuova concezione, da cui nascono modalità di lavoro innovative e più efficaci, favorite anche da modelli organizzativi orientati alle persone che migliorano il coinvolgimento e la produttività. In questo senso, il digital workspace costituisce un sistema che allinea tecnologie, persone e processi aziendali con lo scopo di ottimizzare l’efficienza operativa, rendendo anche possibile lo smart working, del quale sono stati riportati alcuni dati di mercato.

Potenziale inespresso

In particolare, i risultati della ricerca 2018 dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha rivelato che più della metà delle grandi imprese e l’8 per cento delle Piccole e Medie Imprese hanno introdotto iniziative concrete, tanto che oggi gli smart worker sono in totale 480mila. Ma questo dato rappresenta il 12,6 per cento del totale degli occupati che potrebbero fare smart working in base alla tipologia di attività di lavoro che svolgono: c’è quindi un vasto terreno da conquistare, per tutti gli attori della filiera ICT, con i system integrator in pole position.

Lo scenario tecnologico

Gli interventi di Michele Apa, SE Manager Italy South di VMware, che ha illustrato le piattaforme tecnologiche oggi a disposizione, ponendo in particolare l’accento sulla soluzione WorkspaceOne, e di Marco Morone, Business Unit Manager VMware di Computer Gross, che ha portato il punto di vista del distributore a valore aggiunto, hanno completato il quadro tecnologico attuale a supporto del digital workspace. Infine, particolarmente nutrita la partecipazione dei system integrator, con i rappresentanti di Axians, Bechtle, Consys, Dimension Data, General Computer, IFI Consulting, Lanservice, Plurimedia, PromiGroup, R1, R-Store, Si-Net e Wise Frogs, che hanno anche animato un interessante dibattito.

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