Come sta Intel, veramente

I dati finanziari del secondo trimestre 2025 non sono così tragici, il pessimismo dilagante riguarda la visione: riuscirà Lip-Bu Tan a ristrutturare l’azienda?

Autore: Valerio Mariani

Sarà l’analisi dei risultati del secondo trimestre fiscale di Intel, e il conseguente annuncio del taglio del 25% della forza lavoro in un anno, o la vendita della sua divisione NEX (chip per il networking) a tenere banco negli ultimi mesi del 2025?

Per l’uno o per l’altro motivo, di sicuro la casa americana è sulla bocca di tutti. E parliamo proprio di tutti, anche dei media generalisti che, dopo l’annuncio della messa in vendita della divisione NEX si sono affrettati a decretare morta una capostipite della Silicon Valley, con tanto di parole di disappunto nei confronti di un’azienda che, no, non poteva finire così. Un’azienda con poca visione, burocratizzata e incapace di fiutare l’avanzare della concorrenza, un’azienda governata da boomer e come tale meritevole dell’oblio.

La verità è un’altra. Certo, ci possono essere state scelte sbagliate negli anni, mancanza di visione, gestione lasca e un certo snobismo nei confronti del nuovo che avanza, che in questo caso ha un solo nome: Nvidia. Lo stesso nome che i giornalisti generalisti di cui sopra ricordano come possibile acquisizione vent’anni fa, mai concretizzata, a causa appunto di una presunta miopia del Consiglio di amministrazione.

Sembra di essere tornati ai tempi di Microsoft, di Steve Ballmer e del “l’iPhone non ha futuro” e del “Microsoft e il client/server sono morti”. E, infatti, così non è stato e Azure oggi se la gioca alla pari con AWS.

Concentriamoci sui dati oggettivi

Lasciamo da parte l’acredine pretestuoso e concentriamoci sui dati. Quelli del secondo trimestre di Intel. Channelcity ha già scritto dei risultati macro qui, tutto sommato non così tragici. Anche se, revenue a parte, l’occhio è puntato sugli effettivi margini al netto dei costi e sul cash disponibile. E su questo, effettivamente, gli investitori dovranno avere molta fiducia e pazienza.

Riassumiamo subito le cattive notizie condivise dal nuovo Ceo Lip-Bu Tan. In una lettera aperta ai dipendenti, il manager ha annunciato, come anticipato, la riduzione della forza lavoro del 25%, praticamente 25mila unità, il ridimensionamento degli investimenti su Intel Foundry, rivelatasi una divisione senza potenziali clienti, e il blocco dello sviluppo di Intel 14A. Ancora, cancellazione dei progetti delle fab in Germania e Polonia, chiusura delle attività in Costa Rica e rallentamento del progetto della fab in Ohio.

C’è poi la notizia della cessione del business NEX, chip per moduli RAN – Radio Access Network -, che sembra si stia consumando proprio in questi giorni. Bloomberg rumoreggia che l’acquirente più probabile è Ericsson, e francamente era immaginabile, che sta trattando con Intel per una cifra nell’ordine dei centinaia di milioni di dollari. E, infine, l’annuncio della dismissione della divisione Intel Automotive, già noto a giugno del 2025.

Fiducia al titolo

Gli annunci hanno prodotto un -12% in Borsa, ma c’è qualcuno tra gli analisti che al titolo Intel ancora ci crede, proprio perché sta scendendo. Ora, però, vediamo come sono realmente i conti del secondo trimestre fiscale di Intel, divisione per divisione.

Il segmento Intel Products ha registrato una leggera flessione (1% YoY) generando 11,8 miliardi di dollari nel trimestre sui 12,9 miliardi di dollari di totale. Il sottogruppo Client è cresciuto del 3% in fatturato (7,9 miliardi di dollari su 11,8) ma registra un meno 3% a volume. Mentre, nonostante tutte le difficoltà legate alla partita persa sull’AI e a qualche difficoltà dell’Intel 18A, il fatturato del sottogruppo Data Center & AI cresce del 4% YoY (3,9 miliardi di dollari). Infine, sempre dentro Intel Products c’è NEX (Network and Edge), la componente ufficialmente in vendita che comunque si dimostra sana.

La Intel Foundry è crescita del 3% YoY (4,4 miliardi di dollari) e quelle considerate genericamente “altre attività” (comprendono tutto il resto, come i chip per l’automotive e per usi industriali) sono cresciute addirittura del 20% YoY (1,1 miliardi di dollari), semplicemente perché sono frontiere relativamente nuove per Intel. Ma, tra queste, la parte Automotive è già annunciata come da abbandonare.

Dunque, se consideriamo il fatturato, i dati non dovrebbero far disperare analisti e mercato. Ciò che fa accendere il semaforo rosso è la reale capacità di ristrutturare totalmente l’azienda. Nonostante si stia lavorando per riuscirci, proprio con i licenziamenti, il blocco di investimenti non opportuni e la dismissione (o la vendita) di divisioni in buona salute ma con un futuro incerto, si comprende come il management di Intel si stia giocando una partita molto complessa.

E, visto che la gara per l’approvvigionamento dei data center con l’AI sembra ormai compromessa, il campo si restringe. Dai dati sembra che lo zoccolo duro degli Intel Products, in particolare il segmento Client, da sempre la fonte di ricavo maggiore, regga bene trainata dalla tradizionale ma concreta ed efficace piattaforma Intel 18A che ha guadagnato, tra l’altro, i clienti AWS e Microsoft. La domanda, dunque, è: basterà?


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