MSP sempre più strategico nell’obiettivo dei vendor

Tutti i nuovi partner program si indirizzano verso l’obiettivo comune di portare a bordo i MSP: è una rivoluzione che richiederà il suo tempo di assimilazione

Autore: Valerio Mariani

Le ultime modifiche al Partner Ready Vantage Program di HPE, attive dal primo novembre, sono rivolte principalmente al recruting degli MSP, i Managed Service Provider. Sottolinea questa direzione nelle sue ultime uscite pubbliche, Simon Ewington, neo vice presidente HPE, responsabile mondiale del canale e dell’ecosistema dei partner, in carica già da fine febbraio. Una direzione già tracciata dal suo predecessore, responsabile del lancio della prima versione dell’HPE Partner Ready Vantage Program nel 2022, ma evidentemente mai abbastanza rimarcata. Ed è la stessa direzione che stanno seguendo diversi vendor nella revisione dei loro Partner Program.

"Se si guarda a ciò che sta accadendo al mercato – ha dichiarato Ewington -, si prevede che sempre più business sia veicolato da MSP e CSP (Cloud Service Partner). Molti dei nostri partner stanno sviluppando funzionalità MSP e CSP: si stanno evolvendo”. Nelle interviste ufficiali, Ewington rivela anche un maggiore interesse per il mercato SMB da parte di HPE, e considera gli MSP i partner ideali per approcciare una fascia di mercato più bassa rispetto all’enterprise. Se è stata la meno coinvolta nei progetti di digital transformation della prima ora, ora, dopo un minimo consolidamento dell’enterprise, ha una certa predisposizione a testarne i benefici, grazie anche alle caratteristiche tipiche dell’offerta dei servizi cloud, potenzialmente distribuibili su diversi clienti.

La categoria degli MSP comprende partner provenienti da diverse esperienze con leggere distinzioni. Per esempio, all’interno di un cappello decisamente ampio, rientrano le cosiddette boutiques di pura consulenza IT, i grandi system integrator che hanno ripensato il loro modello di business, i cloud provider e tutti quei profili che tentano di smarcarsi il più possibile dall’ormai improponibile concetto di rivenditore IT sebbene a valore aggiunto, a maggior ragione se di puro prodotto.

Il mercato vuole servizi

Un Managed Service Provider costruisce il proprio portfolio di servizi tra quelli offerti dai vendor e i propri, può avere un’infrastruttura da cui erogarli ma è più comune che si appoggi a un data center di un partner per l’infrastruttura, punta sulle capacità di consulenza di progetto per distinguersi da una concorrenza decisamente affollata e, se è scaltro, si costruisce una specializzazione, evitando generalizzazioni controproducenti, e propone una forte componente di sviluppo e di integrazione. È evidente che il mercato chiede (ancora) progetti di trasformazione digitale, che ha bisogno di servizi applicativi basati su cloud e di infrastrutture IT in outsourcing e che queste richieste provengono da aziende di medio livello, anche in Italia.

L’ultimo rapporto sul Digitale in Italia di Anitec-Assinform fornisce una visione ben chiara. Se, in Italia, le aziende con più di 250 addetti hanno raggiunto un livello base di digitalizzazione, misurato da un minimo di 4 attività digitali su 12, nel 97% dei casi, le più piccole si assestano attorno al 67,5%. Ciò rappresenta, evidentemente, un gap da colmare, proprio dalla fascia medio-piccola, confermato da una tendenza all’investimento generale in ambito B2B che ha registrato, su base globale, un +4,4% dal 2020 al 2021.

Inoltre, sempre secondo il report, i servizi Ict registrano un +8,5%, contro il +6,2% di Software e Soluzioni ICT nel 2021 rispetto al 2020. La componente Servizi è quella che è cresciuta di più, vale circa 15 miliardi di euro rispetto ai 77 miliardi del totale del mercato digitale 2022, e la tendenza non accenna a rallentare, almeno per i prossimi due/tre anni. Infatti, il tasso di crescita preventivato da Anitec-Assinform è di un onorevole +5,5% nel 2026. In particolare, si prevede una forte crescita in servizi cloud, in cybersecurity e i soluzioni di gestione dei dati.

Ultimo indicatore utile per confermare la tendenza del contesto italiano è l’incremento del numero di addetti. Dal 2020 al 2021 gli specialisti in servizi e in software sono cresciuti, rispettivamente, del 3% e del 6,4%. Due valori che è più opportuno leggere insieme, poiché chi sviluppa software oggi sviluppa sempre di più servizi applicativi.

La proposizione dei partner, dunque, si deve orientare verso consulenza, servizi e integrazione. Inoltre, i progetti tendono a svilupparsi su un arco temporale più ampio, attraverso implementazioni successive che prevedano l’introduzione ponderata di tecnologie e processi, evitando progetti troppo impattanti che, lo si è visto in diversi casi, rischiano di fallire.

Costruire una partnership con gli MSP

Dunque, il futuro, ma anche il presente, è degli MSP, e i vendor lo sanno. Così, da Microsoft a Cisco fino ad HPE, passando per la pletora di vendor specializzati in storage e sicurezza, tutti stanno convertendo i loro programmi di canale focalizzandoli sull’erogazione di consulenza progettuale e servizi secondo tre principi base: build, sell e service.

È un modo molto diverso di approcciarsi al canale che presenta novità rilevanti. In primo luogo, i vendor più strutturati hanno messo mano alle tecnologie per la gestione dei partner, trasformandole in piattaforme più vicine al concetto di Martech, con l’obiettivo di sviluppare partnership a lungo termine. L’idea di base è di puntare sulla fidelizzazione del cliente finale e, dunque, su un rapporto duraturo tra il canale e il cliente, e di conseguenza tra vendor e canale.

Si tratta di piattaforme sempre più automatizzate, che sfruttano ampiamente l’automazione e il machine learning, basate su dati e metriche oggettive e definite preliminarmente, su concetti come il rewarding e il ranking e con la volontà di seguire il progetto condiviso in ogni fase prevedendo le future esigenze del cliente finale, grazie ai dati oggettivi sull’evoluzione dell’infrastruttura. Ciò è possibile attraverso il controllo dell’infrastruttura in cloud, su cui il partner e il vendor hanno la piena visibilità, e gli insight ottenuti dagli strumenti di analytics. Un esempio tra tutti è l’utilizzo di un modello di capacity planning introdotto nei contesti storage ma oggi applicabile anche rispetto all’elaborazione, al networking e alla security.

Una partnership a lungo termine richiede uno sforzo in più nell’erogazione di fondi per marketing e sviluppo, sulla formazione alla vendita e, soprattutto, al supporto, generalmente fornite gratuite. Lungo tutto l’arco di sviluppo del progetto, l’intenzione dei vendor è, sì, di avere un controllo maggiore sul singolo progetto, ma anche di promettere un supporto altrettanto maggiore, in ogni sua fase.

Relativamente ai fondi di comarketing, però, è bene sottolineare che non si tratta (più) di denaro fornito a pioggia, magari passando sopra ai risultati ma, piuttosto di investimenti indirizzati a specifiche attività e che devono essere adeguatamente giustificati. Queste attività, come il supporto o la formazione, rientrano nella definizione di un vero e proprio business plan da validare insieme, in cui l’obiettivo è di portare a casa dal deal di più di quanto si spenda in termini di costi di acquisizione del partner, fondi e risorse impiegate.

La difficile gestione del pricing

L’erogazione di un servizio Ict, poi, oggi comporta una revisione totale del pricing, sia dell’offerta che, soprattutto, della marginalità, delegata a strumenti automatici oggettivi e basati sulle singole componenti dell’offerta. In questo contesto rientra la complessa gestione di un servizio fornito da un vendor che il partner di canale accetta di implementare nella propria struttura prima di offrirla come servizio in outsourcing ai propri clienti. È ciò che capita regolarmente in ambito cybersecurity.

Assume, poi, una particolare rilevanza l’upselling, che tende a essere più riconosciuto che in passato. Nei loro nuovi programmi, inoltre, Microsoft e Cisco, ma non solo, suggeriscono di “smarcarsi” dal valore del deal, che comunque rimane determinante, per concentrarsi su altri parametri più qualitativi, come il carattere innovativo del progetto, le sue caratteristiche in termini di sostenibilità e l’esclusività, mostrandosi più disposti a premiare queste qualità.

Le prime criticità

Altra keyword comune in tutti i programmi di canale pensati per gli MSP è certamente “collaboratività”. Secondo i vendor, il partner deve evitare l’approccio “one fit all”, concentrandosi su una specializzazione, su una componente d’offerta in cui può mostrare più esperienza e referenze. Largo, dunque a progetti condivisi tra partner di diversa natura, orchestrati dal vendor e anche dal distributore, che diventa sempre più un regista e un supporto in tutte le attività che la struttura di un vendor internazionale non può garantire in ogni singola country.

Gli stessi vendor si rendono conto di coinvolgere i partner in una vera e propria rivoluzione. Hanno messo sul tavolo ingenti finanziamenti nella revisione dei programmi, del pricing e delle piattaforme tecnologiche, oltre che nella disponibilità di risorse per il supporto e la formazione. E si aspettano l’emergere di criticità, che già si stanno manifestando. Il modello di pricing di un servizio erogato da un partner è probabilmente la più importante, ma anche l’automazione spinta e l’affidare il calcolo dei kpi e dei riconoscimenti alle piattaforme lo è. A queste si aggiungono l’espressa richiesta di condividere referenze e progetti con vendor e partner nell’ottica di distribuire la torta, che rappresentano altri motivi di riflessione. Quasi tutti i vendor rispondono allo stesso modo di Ewington di HPE: “Dobbiamo ottenere il feedback dai partner, dobbiamo ascoltare e capire dove migliorare” il che dimostra che il nuovo modello è in fase di testing, anche per i vendor.



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