Arriva Wi-Fi 7, le aziende sono pronte?

Wi-Fi 7 promette faville e si configura come una valida alternativa alle reti Ethernet, ma le aziende sono effettivamente disposte all’upgrade?

Autore: Valerio Mariani

Il Wi-Fi 7 è alle porte e si configura come valida alternativa al vecchio caro Ethernet. Il percorso del nuovo standard non si è ancora concluso, ma il dibattito tra vendor, analisti e operatori di canale è acceso. Nell’attesa di capire se e quando le reti wireless spodesteranno le reti wired, e in attesa dell’implementazione dei primi progetti Wi-Fi 7, prendiamo atto della definitiva consacrazione delle reti convergenti.

Secondo alcune previsioni, il valore del mercato globale del comparto FMC (Convergenza Fisso-Mobile) raddoppierà in sei anni – da circa 5 miliardi e mezzo a 11 miliardi di dollari. Ma il comparto, che racchiude apparati, i software e i servizi per la convergenza tra reti mobili e fisse per veicolare voce, dati e multimedia all’interno di un unico flusso di rete senza soluzione di continuità, è destinato quantomeno a rivedere leggermente la definizione.

Il passo verso una rete convergente che sfrutti in modo trasparente all’utente standard mobile e wireless, infatti, è già avvenuto. Secondo IDC, nel 2021 il 60% delle unità totali dedicate a progetti WLAN enterprise era già Wi-Fi 6 compatibile, mentre le vendite del Wi-Fi 5 hanno rappresentato la maggior parte del rimanente 40%. La domanda è, dunque, le aziende sono disposte a rimettere mano al proprio networking per aggiornarlo al Wi-Fi 7?

La risposta è probabilmente non ora, soprattutto in Italia. È molto probabile, invece, che l’Ethernet, che a suo tempo ha richiesto costi infrastrutturali di una certa entità, non sarà smantellato da un giorno all’altro. Ed è presumibile che Wi-Fi 7 si faccia largo in contesti particolari. Per esempio, in contesti di ristrutturazione degli edifici, centrali e periferici, o di realizzazioni ex novo. Ma è evidente che questo tipo di progetti non rappresenterà la maggioranza del totale dei progetti FMC, o in qualsiasi modo li si voglia chiamare nel prossimo futuro.

L’evoluzione tecnologica del Wi-Fi 7

Presentato tecnicamente come IEEE 802.11be o EHT (Extremely High Throughput), il Wi-Fi 7 è la nuova generazione dello standard IEEE 802.11 che succede al Wi-Fi 6E (IEEE 802.11ax). Qualcuno stima che il mercato Wi-Fi 7 oggi valga già un miliardo di dollari, con prospettive di CAGR del 57,2% entro il 2030 fino a raggiungere i 24,2 miliardi di dollari entro il 2030.

Il nuovo standard sarà definitivamente ratificato dalla IEEE Standards Association entro la fine del 2024 e rappresenta un’evoluzione notevole rispetto al precedente. In particolare, Wi-Fi 7 lavora contemporaneamente su bande di frequenza da 2,4, 5 e 6 GHz con un Maximum Link Rate (velocità massima di transizione dei dati tra un client e un router) da 1376 a 46120 Mbit/s. Un range a spanne triplo dello standard precedente. In termini di throughput, il limite massimo, (molto) teorico e non ancora raggiunto dai primi dispositivi disponibili, sarà di 46 Gbit/s. Un valore eccezionale, se si pensa che il WiFi 6E arrivava a un massimo di 9,6 Gbit/s.

Al centro dell’innovazione dello standard Wi-Fi c’è soprattutto l’evoluzione della tecnologia OFDMA (Orthogonal Frequency Division Multiple Access), già introdotta con il Wi-Fi 6. L’OFDMA garantisce una gestione più intelligente e ottimale della banda, suddividendo i dati trasmessi in piccoli pacchetti e piccoli canali. In più il canale Wi-Fi è diviso in allocazioni di frequenza più piccole (RU, unità di risorse) e i singoli endpoint ne possono sfruttare un maggior numero rispetto agli standard precedenti. In questo modo, si genera un invio contemporaneo e in parallelo a più dispositivi secondo una logica più flessibile e decentralizzata, simile a quella applicata alle reti mobile.

Altre evoluzioni tecnologiche riguardano lo schema di modulazione 4096-QAM, che incrementa la densità dei dati scambiati e la tecnologia MU-MIMO che abilita 16 stream contemporanei e bidirezionali. Ancora, la tecnologia MLO (Multilink Operation) permette l’invio e la ricezione dei dati su più bande contemporaneamente (2,4, 5 e 6 GHz, appunto), combinandole di fatto in un’unica rete Wi-Fi. Completano il bouquet di novità il Preamble Puncturing per ridurre gli effetti delle interferenze, la tecnologia TWT (Target Wake Time) che rende inattivi gli endpoint in caso di inutilizzo, riducendo consumi energetici e conflitti e, infine, la disponibilità di una latenza minore, 100 volte inferiore rispetto al Wi-Fi 6.

In termini di sicurezza, Wi-Fi 7 propone il supporto a WPA3, lo stesso del Wi-Fi 6E. E anche le altre caratteristiche relative alla security sono ereditate dallo standard precedente. In soldoni, si garantisce una crittografia avanzata, protocolli di autenticazione sicuri, funzionalità di sicurezza per rilevare e prevenire attività dannose sulla rete, gestione sicura dei dispositivi e, in generale, una maggiore protezione della rete.

Sostituire Ethernet non sarà immediato

Dal punto di vista meramente tecnologico, dunque, è ben chiaro che il Wi-Fi 7 ha tutte le carte in regola per essere una valida alternativa all’Ethernet. In termini di velocità, infatti, se anche non fosse mantenuta la promessa dei 46 Gbit/s e se solo si garantissero i 6 Gbps, si avrebbe a disposizione una velocità di banda di tutto rispetto in competizione con la velocità di una rete wired. D’altra parte, è anche vero che nelle reti wireless la larghezza di banda è condivisa tra gli endpoint, mentre con Gigabit Ethernet si possono configurare circuiti dedicati per ciascun endpoint. Al contrario, le reti wireless sfruttano più antenne e più flussi e il Wi-Fi 7 è progettato per consentire il meshing di più punti di accesso.

Mario Morales, che per IDC analizza il mercato dei semiconduttori, afferma: "I progressi in termini di larghezza di canale, QAM e nuove funzionalità come il funzionamento multi-link (MLO) renderanno il W-iFi 7 molto attraente per smartphone, PC, consumer electronics e per settori verticali come il retail e l’Industry”. Funzionalità tecnologiche a parte, è evidente che nei progetti IoT, nell’automazione industriale, nella gestione della comunicazione tra l’Edge e le sedi centrali, il Wi-Fi 7 potrebbe garantire un’implementazione più rapida e semplice rispetto a Ethernet. Inoltre, poiché molti dipartimenti IT hanno già integrato una rete wireless all’Ethernet preesistente, nel prossimo futuro Wi-Fi ed Ethernet potrebbero coesistere, imponendo il Wi-Fi come rete principale e relegando il wired al ruolo di rete di backup. Senza dimenticare, comunque, che secondo Dell’Oro le spedizioni di apparati e componenti per sistemi a 400 Gigabit Ethernet sono raddoppiate nel 2021. Inoltre, la roadmap Ethernet prevede l’evoluzione a velocità di 800G o addirittura 1 Terabyte entro il 2030.

Come cambiano i progetti di networking

In attesa di capire cosa succederà, il canale ha comunque l’opportunità di sfruttare l’onda lunga delle reti convergenti, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata. Che sia un mobile+wired, ovvero una rete combinata Private 5G-Ethernet, o 5G-Wi-Fi 5, 6E o 7, l’approccio rimane lo stesso. Le previsioni di mercato che si riferiscono alle implementazioni di reti 5G private sono decisamente ottimistiche. Secondo uno studio di ABI Research si passerà dai 7 miliardi di dollari del 2023 ai 96 miliardi del 2030. E il 50% di questo valore sarà rappresentato da servizi di integrazione. È lo studio stesso che segnala che si tratta di implementazioni fortemente personalizzate che richiede un elevato grado di esperienza in termini di integrazione e orchestrazione.

Tecnologia a parte, infatti, un progetto FMC o di mobile-wireless convergence, richiede forti competenze in termini di progettazione che richiedono innanzitutto di comprendere la geografica degli endpoint, le loro caratteristiche e le esigenze in termini di disponibilità delle risorse di rete e di sicurezza dei flussi di dati. C’è poi da prevedere l’integrazione di apparati e access point all’interno della struttura preesistente, infine c’è da garantire la massima orchestrazione e ipotizzare una struttura di supporto in termini di manutenzione.

Se, da una parte, le piattaforme di monitoraggio dell’infrastruttura di rete sono sempre più intelligenti, abilitando una forte automazione dei processi e funzionalità di autofixing mai viste finora, è anche vero che la complessità cresce. E solo un partner specializzato e referenziato può garantire un livello di manutenzione adeguato, meglio se attraverso un Centro Operativo di proprietà.

Un altro tipo di convergenza è quella tra networking e security che ormai impone un approccio unico, guidato dal paradigma Secure by Design. Tutti i vendor storici del mondo networking hanno già ampliato la loro offerta anche attraverso integrazioni e acquisizioni, proponendo un approccio in cui la protezione delle transazioni deve essere garantita già a livello di codice applicativo, di componenti e di firmware. L’integrazione nativa tra security e networking, dunque, richiede a un system integrator o a un partner IT di livello la necessità di mettere sul tavolo le certificazioni più complete in questo senso.

I Carrier spingono sulla system integration

D’altra parte, il mercato in Italia si presenta più difficile che mai. Con la diffusione del Private 5G, il networking è diventato già da tempo florida terra di conquista per i Carrier, che già da tempo hanno adeguato offerta e organizzazioni stringendo partnership dirette con i vendor di riferimento e presentando un approccio del tutto simile a quello di un system integrator. Ma, poiché strutturare divisioni apposite rappresenta un costo notevole, la tendenza sembra essere quella di partecipare ai progetti come raggruppamento di impresa, in cui il capofila rimane saldamente il Carrier, relegando il system integrator a una posizione subalterna. Ciò capita soprattutto in presenza di progetti di livello enterprise, mentre se si tratta di implementare una rete di nuova generazione in una PMI, l’arena è ancora più competitiva, con gli stessi Carrier che sgomitano con i rivenditori locali e tendono ad avere la meglio grazie alla capacità di poter strappare ai vendor forniture consistenti a prezzi inferiori. Insomma, il peso degli operatori di telefonia nella loro veste di integratori di sistemi di networking è evidente e sta al canale decidere come muoversi: accettare le regole del gioco e lavorare in partnership a progetti comuni oppure tentare il salto di qualità.

Puoi trovare la versione completa dello speciale sulla rivista "ChannelCity Magazine".

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