L'Autorità per la protezione dei dati personali italiana ha chiesto alla società canadese che gestisce WhatsApp di sapere per quanto tempo vengono conservati i dati degli utenti e il numero degli account italiani.
L'
Autorità per la protezione dei dati personali italiana ha chiesto alla società californiana che gestisce l'applicazione di messaggistica
WhatsApp di "comunicare ogni informazione utile per valutare il rispetto della privacy degli utenti italiani".
L'intervento dell'Autorità italiana è un conseguenza di un recente rapporto dei Garanti per la privacy canadesi e olandesi dal quale sono emerse alcune caratteristiche nel funzionamento dell'applicazione sviluppata dalla società che potrebbero comportare
implicazioni e rischi specifici per la protezione dei dati personali degli utenti.
Questi ultimi, infatti, per poter usufruire del servizio di messaggistica, devono consentire che l'applicazione acceda alla rubrica dei contatti presente sul proprio
smartphone o sul proprio
tablet e cioè a dati personali di soggetti terzi,
anche però di coloro che non hanno scaricato l'applicazione e non utilizzano quindi il servizio.
Nel rapporto sono state inoltre ipotizzate possibili criticità nelle misure di sicurezza adottate, in particolare riguardo alla conservazione dei dati trattati e al loro accesso da parte di terzi non autorizzati.
Il Garante ha dunque scritto a WhatsApp
chiedendo di chiarire una serie di aspetti: quali tipi di dati personali degli utenti vengono raccolti e usati al momento dell'iscrizione e nel corso dell'erogazione dei servizi di messaggistica e condivisione
file; come vengono conservati e protetti questi dati; le misure adottate (es. cifratura, generazione di credenziali etc.) per limitare il rischio di accesso da parte di soggetti diversi dagli interessati e, in particolare, se siano stati previsti sistemi contro gli attacchi tipo "
man in the middle", volti ad acquisire illecitamente il contenuto dei messaggi scambiati mediante l'applicazione.
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