Davanti agli annunci roboanti sul tema “intelligenza artificiale” messi in campo dai produttori hardware e software, dai fornitori di servizi, dagli innovatori mi frulla in testa una domanda: Qual’è il rapporto tra innovazione e piccole e medie imprese (prima ancora di parlare di AI)? Vediamo innanzitutto come sono messe le nostre Pmi. Ebbene secondo recenti dati Istat nel nostro paese sono censite oltre 222.000 Pmi, di cui quasi 200.000 di piccola dimensione (dai 10-49 addetti) e sono solamente poco più di 25.000 quelle di media dimensione ovvero dai 50 ai 249 addetti. Però balza all’occhio che - ancora oggi – la stragrande maggioranza delle attività italiane è attribuibile a una microimpresa (4.315.000 realtà), un agglomerato di variopinte attività composte da nuclei da 0 a 9 persone. Dunque un fenomeno atipico rispetto a parecchi altri paesi europei che porta con sé problematiche di sottocapitalizzazione, mancanza di visione e formazione. Quest’ultima ancora oggi il vero “Tallone di Achille” nelle piccole aziende italiane, soprattutto se riflettiamo che solamente il 45,8% degli italiani tra i 16 e i 74 anni può vantare almeno una competenza digitale di base. Un dato nettamente inferiore - di circa 10 punti percentuali - rispetto alla media europea, solamente 4 Paesi fanno registrare un dato più basso: Lettonia (45,3%), Polonia (44,3%), Bulgaria (35,5%) e Romania (27,7%).