: "L’importanza di un cloud sovrano e qualificato per i fornitori della PA" La sovranità secondo Aruba.it
Carmelo D'Agostino, Principal Engineer - Field Applications Engineering, Western Digital spiega perché in un periodo caratterizzato da una crescita dei dati senza precedenti e da carichi di lavoro sempre più intensivi, il percorso verso un’architettura di cloud privato può rappresentare un’alternativa interessante per chi cerca maggiore controllo sui dati, prevedibilità dei costi e accesso diretto alle informazioni
Si stima che 6,64 miliardi di persone, ovvero all’82% della popolazione mondiale, siano tutelate da una qualche forma di legislazione sulla privacy dei dati. In una rete complessa che abbraccia 144 Paesi, la conformità alle normative locali e alle leggi sulla sovranità dei dati rappresenta una sfida sempre più pressante per le aziende che operano su scala internazionale. Per garantire maggiore conformità, controllo e sicurezza, i responsabili IT potrebbero destinare più risorse alla reinternalizzazione dei dati all’interno di infrastrutture cloud private.
Western Digital, attraverso Carmelo D'Agostino, Principal Engineer - Field Applications Engineering, Western Digital, analizza come le organizzazioni possano pianificare in modo strategico la propria infrastruttura cloud on-premise, sia per rispondere ai requisiti normativi e supportare carichi di lavoro moderni come l’Intelligenza Artificiale (IA), sia per migliorare la prevedibilità nella pianificazione e nei costi.
Infrastrutture cloud private: un’opportunità nascosta
Spiuega D'Agostino: "I cloud pubblici continuano a essere fondamentali per la maggior parte delle aziende, in quanto offrono flessibilità e scalabilità, portata e accesso globali, oltre a una velocità d’innovazione che i cloud privati faticano a eguagliare. Tuttavia, in determinati scenari, il cloud privato può rappresentare la scelta migliore. Esistono tre motivi principali per cui le aziende potrebbero riportare i carichi di lavoro dai cloud pubblici a infrastrutture di cloud privato sovrano":
Proseguendo: "Questi fattori indicano che le aziende sono attualmente più propense a scegliere ambienti cloud (pubblici, privati o ibridi) in base alle esigenze e alle caratteristiche dei carichi di lavoro. A seconda dei requisiti, i cloud privati possono risultare più interessanti, specialmente per carichi di lavoro ad alta intensità di dati che richiedono elevati livelli di sicurezza e conformità, velocità e un elevato grado di integrazione con altri sistemi".
Con la mentalità “workload-first”, sia l’importanza che le aspettative nei confronti del cloud privato sono aumentate. Oggi i responsabili IT desiderano il “meglio di entrambi i mondi”: i vantaggi del modello operativo del cloud pubblico, uniti al controllo, alla sicurezza, all’efficienza e alla prevedibilità (anche dei costi) di una soluzione on-premise.
"Le aziende che stanno valutando di riportare in-house i carichi di lavoro critici devono considerare scalabilità, flessibilità e costo totale di proprietà (TCO) senza compromettere la conformità e la resilienza. I cloud privati consentono alle aziende di adattare e scalare la propria architettura IT on-premise in base ai requisiti e ai carichi di lavoro specifici dell'azienda, garantendo al contempo una maggiore trasparenza finanziaria, velocità e prevedibilità.L'approccio basato sul cloud privato supporta anche un'infrastruttura di archiviazione a prova di futuro, poiché le infrastrutture IT on-premise sbloccano la capacità emergente di disaggregazione dello storage, che i fornitori di cloud pubblico utilizzano da anni", spiega D'Agostino.
Non molto tempo fa, era comune per le organizzazioni aumentare la capacità di storage acquistando nuovi server. Dopo aver sfruttato al massimo la tipica garanzia triennale di un server, i responsabili IT spesso decidevano di sostituire l’intero server (insieme ai processori, alla memoria ad accesso casuale e alla memoria flash). Per l’epoca, questo approccio aveva senso, ma rappresentava una soluzione costosa e poco efficiente.
Il disaccoppiamento dello storage e dell'elaborazione (disaggregazione dello storage) e la loro collocazione su rack separati eliminano il problema associato al ridimensionamento attraverso l'acquisto di nuovi server, poiché lo storage e l'elaborazione possono ora essere ridimensionati in modo indipendente: "Soprattutto nelle architetture cloud on-premise, lo storage disaggregato rende più facile per più server condividere lo stesso pool di storage, aiutando le organizzazioni a utilizzare le risorse in modo più efficiente. Quindi, invece di investire in server dotati della massima capacità di storage, l'approccio più agile consiste nel disaggregare ed estrarre lo storage da un pool e assegnarlo alle applicazioni in base alle necessità. Con l'andamento dei progetti, la domanda di risorse di storage si trasferisce da una parte all'altra del flusso di lavoro", chiarisce il manager. Ma la disaggregazione non solo contribuisce a creare una gestione più efficiente delle risorse di dati, aumenta anche la flessibilità necessaria per adattarsi alle esigenze in rapida evoluzione determinate dalle nuove applicazioni (ad esempio GenIA o AgenticIA), dai set di dati e dai casi d'uso. La disaggregazione offre anche l'opportunità di scalare le risorse di storage in base ai cambiamenti del business nel corso del tempo".
Continuando: "Sebbene non sia ancora facile prevedere le esigenze di storage, CPU, GPU e networking, lo storage disaggregato può eliminare la necessità per i reparti IT dei cloud privati di fare grandi investimenti a lungo termine nell'acquisto di costosi server dotati di storage. Al contrario, consente loro di scalare in modo indipendente la capacità di calcolo, GPU e storage. Inoltre, offre ai responsabili IT una maggiore libertà di modificare l'allocazione delle risorse".
Non mancano opinioni e risorse che spiegano perché le aziende dovrebbero o meno riportare in-house i propri dati e carichi di lavoro: "Non esiste un approccio unico valido per tutti: sicurezza, conformità, scalabilità indipendente, costi, prestazioni, collocazione e competenze devono tutti essere attentamente valutati prima di decidere se un’architettura di cloud privato sovrano sia la scelta giusta per l’azienda o per specifiche applicazioni - rimarca D'Agostino. Mentre le soluzioni on-premise offrono maggiore controllo, evitano il lock-in con i fornitori e possono favorire una migliore pianificazione e prevedibilità dei costi, le soluzioni di cloud pubblico garantiscono scalabilità più rapida e facilità d’uso".
Concludendo: "In un periodo caratterizzato da una crescita dei dati senza precedenti e da carichi di lavoro sempre più intensivi, il percorso verso un’architettura di cloud privato può rappresentare un’alternativa interessante per chi cerca maggiore controllo sui dati, prevedibilità dei costi e accesso diretto alle informazioni".