System Integrator, vendor di tecnologia, hyperscaler, cloud provider e anche clienti: ognuno con un ruolo definito.
Il termine “canale” al Red Hat Summit 2025 di Boston non viene mai pronunciato. Si parla, in verità da anni, di ecosistema di partner. Un ecosistema particolarmente variegato, che potrebbe anche comprendere gli stessi clienti con capacità interne di sviluppo e integrazione applicativa.
Clienti come Terna, ospite di un panel a Boston in cui ha raccontato come scalare le operations IT e il business attraverso l’automazione fornita da Red Hat Ansible Automation Platform (dettagli del progetto disponibili qui). I numeri raccontati parlano di più di 4mila attività applicative abilitate tramite Ansible, 3mila host gestiti, 200 automazioni e più di 20 business unit Terna coinvolte.
L’ecosistema di partner Red Hat è particolarmente ampio - per avere un’idea dei più attivi in Italia si può dare un’occhiata a questo link – e comprende, a grandi linee, i system integrator più importanti, i vendor di tecnologia a livello globale, i partner per la formazione sull’open source.
In un evento di portata globale come il Red Hat Summit, a cui hanno partecipato alcuni dei più importanti system integrator come Lutech e Deda, l’accento si pone soprattutto sulle partnership globali con gli hyperscaler, i cloud provider e i vendor internazionali di tecnologia.
Il modello comune di partnership è fondamentalmente basato sull’integrazione dell’offerta a livello applicativo. Ciò che serve è che tutta l’offerta Red Hat - sistema operativo, piattaforma di sviluppo e soluzione di virtualizzazione - si amalgami facilmente e senza intoppi in qualsiasi ambiente cloud (ibrido), che siano pronti i vari connettori con tutti i maggiori fornitori di tecnologia e che l’hardware sia all’altezza delle esigenze di calcolo, di storage e di networking delle piattaforme del leader dell’open source.
E si può dire che il carattere open della casa di Relight agevoli di molto le cose. Anche se qualcuno, sottovoce, ci dice che fare in modo che tutto funzioni in ambienti cloud che si dicono aperti ma che poi non lo sono è complicato, ma ce la si può fare. Inutile fare nomi, facile immaginarli, soprattutto se ci si concentra sugli hyperscaler.
In ogni caso, durante il suo keynote, Stefanie Chiras, Senior Vice President, Partner Ecosystem Success di Red Hat ha dimostrato dati alla mano il valore di business dell’ecosistema. Uno per tutti? Il 20% di incremento del fatturato generato via ecosistema da un anno all’altro. Un ecosistema che comprende anche i distributori a valore aggiunto – Arrow Electronics era presente al keynote – nella veste di evangelist e di supporter per la formazione, la certificazione e il marketing.
“Abbiamo partner che sono system integrator e fornitori di acceleratori tecnologici – segnala Chiras -. Ciò che noi consideriamo un caso d'uso, ciò che un vendor di tecnologia considera un caso d'uso e ciò che un system integrator considera un caso d'uso sono tre cose diverse". Dunque, il percorso che sta compiendo la manager, e con lei tutti i responsabili locali delle partnership, è fondamentalmente di dare a ogni tipologia il proprio ruolo, chiedendo a ognuno specifiche competenze ed evitando sovrapposizioni.
Tra le tre linee di business di Red Hat, l’impressione è che l’azienda voglia spingere sull’ecosistema per far crescere soprattutto l’offerta per la virtualizzazione (Red Hat OpenShift Virtualization). E non c’è da meravigliarsi visto il momento particolarmente caldo che sta vivendo il comparto. E poi, ovviamente, c’è da spingere su Red Hat OpenShift AI, ovvero trasmettere il verbo dello sviluppo applicativo basato sull’Intelligenza Artificiale. E per questo l’ecosistema ha bisogno di impegno, competenze, insomma di skill. La loro mancanza, tra l’altro, sembra essere diffusa e non una prerogativa della sola Europa o dell’Italia.
C’è un catalogo a disposizione dell’ecosistema Red Hat, un marketplace open a cui tutti sono invitati a partecipare con la condivisione di codice, modelli e case studies. Ma non tutti possono accedere a questo club, aperto sì ma solo a chi è disposto a certificarsi, investire risorse e tempo, contribuire con la propria esperienza di sviluppo.
A Boston era presente anche Giampiero Cannavò, MED Ecosystem Leader di Red Hat Italy che ci ripete il mantra già espresso nel servizio di copertina di Channelcity di febbraio: “Customer first, Partner always” a cui aggiunge “con i partner costruiamo un percorso basato su tre pilastri: costruire, consolidare e crescere”, dove ovviamente il soggetto è il progetto sul cliente finale.
“Stiamo ampliando la rete di partner anche in Italia – prosegue Cannavò -, cresce l’interesse per le nostre soluzioni anche da parte di nomi storici del canale IBM, come per esempio BlueIT. Con tutti loro lavoriamo insieme sui progetti fin dalla fase iniziale ma ci piace anche costruire le opportunità con loro – Red Hat è molto attiva nell’organizzazione degli eventi congiunti – e rendergli la giusta visibilità”.